Acquacoltura può ridurre dipendenza, promuoverla sia priorità UE

Da Strasburgo arriva oggi una chiara indicazione: l’acquacoltura europea può e deve essere al centro delle politiche agroalimentari dell’Ue. Il suo potenziale di crescita non è ancora sfruttato a pieno: dagli allevamenti Ue arriva solo il 10% del pesce consumato dai cittadini europei, mentre su scala globale tale quota supera il 50%. Il risultato è che l’Europa importa oltre il 70% dei prodotti ittici che consuma. È ora di invertire la rotta: promuovere la nostra acquacoltura vuol dire ridurre la dipendenza dall’estero, ma anche avere prodotti alimentari sostenibili e di qualità, e creare nuovi posti di lavoro, soprattutto nelle regioni costiere. Per farlo, serve innanzitutto un quadro giuridico favorevole alle imprese, che tenga conto di tutti e tre i pilastri della sostenibilità: economico, sociale e ambientale. Il nuovo meccanismo di assistenza all’acquacoltura può essere uno strumento innovativo, a patto che coinvolga tutte le parti interessate nella sua creazione. Inoltre, occorre rafforzare la ricerca e l’innovazione.
Sono contenta del risultato raggiunto con questo report. In commissione Pesca, siamo riusciti a fare inserire nel testo anche il problema dei cormorani,  ben presente in Italia. Grazie ai nostri emendamenti, il report ha un forte focus sulla salvaguardia delle piccole medie e micro imprese, e  chiede all’Ue di investire su larga scala attraverso misure di mitigazione e adattamento per prevenire e ridurre l’impatto di catastrofi ed eventi meteorologici estremi. Infine, abbiamo chiesto e ottenuto che l’Ue si impegni ad affrontare l’aumento dei costi legati a energia elettrica e gas.