Purtroppo, le lobby della carne in laboratorio hanno avuto la meglio sui piccoli allevatori: il Parlamento europeo ha respinto le nostre richieste di vietare l’utilizzo di nomi come “hamburger”, “salsiccia” o “latte” per commercializzare prodotti che non sono di origine animale. Attenzione, io non demonizzo nessuno. Ma questa è concorrenza sleale ai danni del nostro settore zootecnico. Le cose devono essere chiamate con il giusto nome. Chiedevamo solo questo. Più trasparenza per il consumatore affinché potesse fare autonomamente le sue scelte in modo consapevole. L’Europa, ancora una volta, si piega agli interessi di parte e calpesta i nostri allevatori e prende in giro i consumatori. E lo fa grazie alla complicità dei deputati 5 stelle, che hanno votato a favore della finta carne, tra l’altro in rotta di collisione con il Pd. Dopo il Mes e la Pac, questo governo continua a spaccarsi sulle questioni più importanti per i nostri cittadini e le nostre imprese. L’Italia non merita di essere rappresentata da un esecutivo incapace e diviso.
Disabilità: serve più attenzione
Basta criminalizzare la pesca italiana, noi primi in UE per controlli
Ieri a Bruxelles è stata presentata la ricerca sullo stato d’attuazione del regime Ue di controllo della pesca. Ricerca da cui emergono dati che, senza le opportune precisazioni, rischiano di dipingere i nostri pescatori come dei criminali. A quanto pare, la principale causa di tale percezione errata va cercata nei ritardi e nell’incompletezza con cui le autorità italiane hanno fornito i dati all’Ue.
Secondo quanto scritto, ad esempio, si dice che l’insieme delle infrazioni di Italia e Spagna superano le infrazioni di tutti gli altri Stati membri: “Con un totale di 6,893 infrazioni, l’Italia si posiziona seconda nella classifica degli Stati che trasgrediscono di più, in particolare in riferimento ai dati di cattura, alle dimensioni delle reti utilizzate e alla pesca dei sotto-taglia”. Una situazione disastrosa, se non fosse che queste cifre non rapportano il numero di controlli effettuati in Italia rispetto al numero dei controlli condotti negli altri Stati membri.
L’Italia insieme alla Spagna, infatti, è il Paese che esegue più controlli di tutti: dal 2016 i controlli sono addirittura raddoppiati ed emergono quindi più casi. Le sanzioni, poi, sono spesso severe, tant’è che sono state ritirate o sospese ben 118 licenze a differenza di altri Stati. Ecco perché occorre presentare le statistiche in modo adeguato affidandosi a percentuali e non a numeri assoluti: se io faccio meno controlli, è normale che risultino meno infrazioni.
Inoltre, le fonti citate nel rapporto appartengono per la maggior parte a esponenti di Ong o a articoli di cronaca: perché non coinvolgere anche le associazioni di categoria o i pescatori stessi? E’ ora di dire basta alla criminalizzazione dei nostri pescatori.
Le infrazioni, spesso, sono dovute a norme eccessivamente stringenti e non sostenibili a livello lavorativo ed economico. Se si vogliono disincentivare le infrazioni, la filosofia del sospetto o le sanzioni sproporzionate non sono certo dei deterrenti a fronte di un reale problema di sostenibilità socio-economica. E’ una battaglia che sto conducendo nel quadro della revisione del Regolamento Controlli dell’Ue, a cui sto lavorando molto.
L’obiettivo è sviluppare un sistema che sia più semplice e non comporti costi e oneri burocratici aggiuntivi per tutti quei pescatori che a oggi si trovano spesso a dover fare i conti con norme frammentate e incerte. Trattati troppo spesso come carnefici e non come vittime dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e della inutile burocrazia.